Perugia e San Bernardino
Per raccontare la bellezza di Piazza San Francesco non potevamo che iniziare citando San Bernardino da Siena, perché il frate senese ebbe un rapporto molto intenso con la città di Perugia. Imboccando da Corso Vannucci la via che scende e passa sotto il grande arco accanto al portale del Palazzo dei Priori, si segue il tracciato del percorso che, già in età etrusca, scendeva verso ovest, verso quella porta che nel Medioevo verrà chiamata “Trasimena”. La via è punteggiata di chiese e segnata, circa a metà, dalla maestosa torre degli Sciri, una delle poche torri sopravvissute alle vicende storiche. Superata la torre, la via si apre alla piazza, riconoscibile dal prato sul quale si affacciano gli edifici dell’Oratorio di San Bernardino e dalla chiesa di San Francesco al Prato. In una città medievale come Perugia, caratterizzata da pochi spazi pianeggianti e da vie strette e ripide, Piazza San Francesco appare in tutta la sua novità. Non è raro vedere seduti sul prato gli studenti della vicina Accademia di Belle Arti, ospitata nell’ex convento di san Francesco, o i bambini che giocano sull’erba.
L’insediamento francescano
La storia di questo spazio inizia in rapporto agli insediamenti degli ordini mendicanti nel XIII secolo: il Comune di Perugia dona ai Domenicani nel 1234 un terreno pubblico nella zona orientale della città per costruire il proprio monastero, mentre i francescani acquistano a caro prezzo lo spazio necessario in Campo d’Orto, antico nome della piazza. Solo nel 1251 si arriva alla posa della prima pietra consacrata dal papa Innocenzo IV; nel 1253 si inizia l’edificazione del complesso francescano, che sarà presto scelto dalle nobili famiglie perugine come luogo di sepoltura.
La travagliata storia di San Francesco al Prato
La costruzione venne realizzata su un terreno franoso e già dal Quattrocento si tentò di arrestare il movimento della terra, senza successo. La chiesa di San Francesco al Prato subì nel tempo molti interventi di edificazione e rifacimenti, i più consistenti dei quali furono quelli del XVII e XVIII secolo. Già nel 1926 si operarono importanti lavori di restauro, ma solo nel 1962 la facciata venne ricostruita nella versione attuale. Le vicende della chiesa non finiscono qui: dopo ulteriori lavori, essa è stata destinata ad auditorium, struttura indispensabile alla vita culturale della città.
Le grandi opere sottratte
Nella chiesa di San Francesco al Prato era custodita, fino al 1608, la “Deposizione Baglioni”di Raffaello, commissionata dalla omonima famiglia. Papa Paolo V la fece rubare nottetempo dai frati, e la fece inviare a Roma per impreziosire la straordinaria collezione di suo nipote, il Cardinale Scipione Borghese. Nella chiesa si trovavano anche l’ “Incoronazione della Vergine”, sempre di Raffaello, e la “Risurrezione” del Perugino; entrambe le opere vennero sottratte dalle requisizioni napoleoniche nel 1797 e, una volta restituite nel 1815, vennero trattenute nella Pinacoteca Vaticana a Roma.
L’Oratorio di S. Bernardino
Nella luce brillante della piazza, in fondo alla macchia verde del prato, si trova l’Oratorio dedicato a San Bernardino. Si tratta di uno dei più importanti monumenti rinascimentali in città e va messo in relazione alle vibranti prediche del santo toscano a Perugia. Fu infatti presente sia nel 1425 che nel 1427, non mancando di stigmatizzare i costumi decadenti dei perugini con tale forza che, nel 1428, il Comune cambiò il proprio Statuto proibendo le violenti “giochi” della caccia al toro e della battaglia dei sassi. Fu presente in città anche nel 1444, poco prima di morire.
La stupenda facciata
La costruzione dell’oratorio fu voluta dal Generale dei frati minori, che fece iniziare la raccolta dei fondi necessari nel 1451. Un anno dopo la struttura è finita, ma rimane da completare la decorazione della facciata secondo un complesso programma iconografico, cioè quello della glorificazione di San Bernardino. Questa commissione di assoluta rilevanza venne affidata allo scultore fiorentino Agostino di Duccio (Firenze, 1418 – Perugia, 1481 circa), che conclude i lavori tra il 1457 e il 1461. L’artista trasforma la superficie della facciata in un prospetto policromo e prezioso, in cui il santo è raffigurato come artefice di pace nelle tormentate vicende della Perugia quattrocentesca. La visione non è ricondotta nelle ferme strutture portanti della prospettiva, quando piuttosto è gratificata dalla qualità dei rilievi e dall’impiego del colore dei materiali.