Pala Tezi – Galleria Nazionale dell’Umbria

visione d’insieme della pala. In alto al centro, la Madonna con Bambino seduta su un trono poggiato su una nuvola, a sua volta sorretto da tre angioletti. Sul lato sinistro, San Nicola da Tolentino con in mano un giglio e a destra San Bernardino da Siena. Entrambi indossano il saio e hanno in mano un libro. Nella parte bassa del dipinto, con lo sguardo rivolto alla Madonna, altri due Santi: San Girolamo con alle spalle un leone accovacciato a terra a sinistra e San Sebastiano a destra, riconoscibile dalla freccia che gli trafigge il ventre. Sullo sfondo un paesaggio fatto di morbide colline e le torri di una città nella parte centrale.

Dalle opere del Perugino in Galleria Nazionale dell’Umbria: la Pala Tezi

La pala Tezi è un’opera realizzata nel momento più alto della carriera di Perugino. Si tratta di una sacra conversazione, cioè di una raffigurazione della Madonna in trono circondata dai Santi.
Il restauro del dipinto ha riportato alla luce la pregevole cromia e l’alto tenore tecnico dell’esecuzione: dettagli che fanno pensare a un lavoro eseguito dal Perugino in persona, piuttosto che dalla bottega secondo modelli già sperimentati.

Composizione dell’opera

La Vergine è sorretta da un volo di angioletti e tiene il Bambino seduto sulle sue gambe. Sulla destra è raffigurato San Bernardino da Siena, che tiene in mano un libro con il monogramma IHS (un’antica scrittura del nome di Cristo); a sinistra è inginocchiato San Nicola da Tolentino, con un candido giglio nella mano destra. In basso, sempre in posizione di preghiera, ci sono San Girolamo in veste di penitente e San Sebastiano, trafitto al ventre da una freccia e coperto da un manto rosso, simbolo del sangue versato nel martirio.

Per la figura di Maria, Perugino ripropone il disegno già usato nella tavola della Madonna nella Consolazione e dispone
simmetricamente intorno a lei i quattro Santi. Particolarmente lirico è il paesaggio che fa da sfondo alla scena, dove appare una città ricca di torri in una distesa tra verdi colline e le rive di un lago.

Il committente e l’aspetto originale dell’opera

Il committente della Pala Tezi è Bernardino d’Angelo Tezi, notaio del Collegio del Cambio e dei Priori. Fa realizzare il dipinto per l’altare della cappella di famiglia dedicata a San Nicola da Tolentino (ritratto anche nell’opera), nella Chiesa di Sant’Agostino a Perugia.
Inizialmente la pala era accompagnata da una predella (una tavoletta rettangolare spesso posizionata alla sua base) raffigurante l’Ultima Cena. Sulla sinistra, in una finta tabella, si può leggere il nome del committente; a destra della scena è riportata la data 1500.

Proprio in quell’anno, Pietro Vannucci termina gli affreschi della Sala delle Udienze del Collegio del Cambio. È quindi possibile che Tezi, notaio della corporazione, abbia incontrato il pittore in quell’occasione e che gli abbia commissionato il dipinto.
Nella parte bassa dell’opera è ancora visibile l’apertura per il ciborio, in origine chiusa da uno sportello dipinto (andato perduto), sul quale sembra fosse raffigurato il Redentore.

Il viaggio della Pala Tezi fino a oggi

Sappiamo per certo che, nel 1710, la pala era ancora nella Chiesa di Sant’Agostino, a Perugia: prima nella Cappella di Santa Lucia Vecchia, poi in quella di San Tommaso. Alla fine del XVIII secolo viene smontata: perde la carpenteria e il suo scomparto centrale viene posizionato sopra la porta della sacrestia; da lì viene rimosso nel 1863 per finire nell’allora Pinacoteca cittadina (oggi Galleria Nazionale dell’Umbria) in occasione del suo passaggio al demanio pubblico dopo l’Unità d’Italia.

Lo scomparto centrale viene esposto all’interno della cornice che già aveva ospitato la Pala dei Decemviri dello stesso Perugino. La pala era stata requisita durante le spoliazioni napoleoniche e poi restituita ai Musei Vaticani, dove si trova tuttora.
Anche la predella (presente in sacrestia fino al 1784) potrebbe essere stata requisita dai Francesi, per poi ricomparire a Francoforte nella collezione Veit. Il dato certo è il suo acquisto nel 1883 da parte dello Staatliche Museen di Berlino, che però la attribuisce a un altro autore: Gerino da Pistoia.

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